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Ottantasettesima puntata di “Giovani Talenti” – Radio 24

In Fuga dei giovani on 17 settembre 2011 at 09:00

Ottantasettesima puntata di “Giovani Talenti“, la trasmissione di Radio 24 che vi racconta -ogni settimana- la nuova emigrazione professionale italiana.

C’è speranza, in Italia, per i giovani che sognano una carriera nel mondo della comunicazione? O, più in generale, c’è speranza in Italia per i giovani tout court? E’ la domanda che poniamo oggi, con una puntata davvero emblematica. Ci trasferiamo a Berlino, per raccontare la vicenda di un 28enne PR & Communications Manager, che si è lasciato alle spalle un Paese vecchio e stagnante, dove la gerarchia è puramente basata sull’anzianità, per lanciarsi in un’avventura interamente “giovane”. E ricca di soddisfazioni. Andremo oggi ad indagare -a fondo- numerosi dei peggiori vizi e cliché del nostro mondo lavorativo – per i nostri giovani professionisti.

Prosegue pure oggi la rubrica “Job Abroad”, interna al notiziario, attraverso la quale vi segnaliamo -settimanalmente- alcune delle migliori opportunità professionali all’estero.

Appuntamento -per saperne di più- alle 13.30 (CET) su Radio 24!

Intanto siete tutti invitati a dibattere sul “tema della settimana”: “Ha senso l’avanzamento di carriera, così come è concepito in Italia? Ha senso che segua spesso una logica gerarchica e di anzianità, senza alcuna attenzione per il talento… e per i giovani? E quanto incide l’aspetto “relazionale” (della peggior specie), rispetto alla capacità di produrre risultati tangibili? In questo siamo un Paese da Primo Mondo? O no?

Inviate le vostre risposte a: giovanitalenti@radio24.it

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“Italy: love it or leave it!”

In Fuga dei giovani on 15 settembre 2011 at 09:00

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Italy: love it or leave it“, è il titolo di un bel documentario, oggi in prima mondiale al Milano Film Festival. Realizzato da due giovani documentaristi, Gustav Hofer e Luca Ragazzi (già autori de “Improvvisamente l’inverno scorso”), è un viaggio-inchiesta nell’Italia dei primi anni 2000. Nato per rispondere alla domanda del perché così tanti giovani lasciano il Paese, il documentario si trasforma -gradualmente- in una inchiesta sui motivi che inducono a restare. O ad andarsene. Con un finale a sorpresa: in mezzo, una lunga carrellata di interviste a chi -famoso o no- si batte quotidianamente per rendere questo un Paese migliore. Luca e Gustav percorrono la Penisola a bordo di una vecchia Fiat 500, omaggio ai bei tempi che furono. E all'”Italian Design”…

…e in una scena del film c’è spazio anche per una piccola sorpresa: l’autoradio di bordo che, all’improvviso, trasmette la sigla di “Giovani Talenti”, quella strana trasmissione che racconta la fuga dei giovani dall’Italia…

CLICCA QUI PER COLLEGARTI AL SITO UFFICIALE DEL DOCUMENTARIO

“ITALY: LOVE IT OR LEAVE IT”: oggi alle 20.30 in prima assoluta al Teatro Strehler di Milano.

Domani alle 15 al Teatro Studio (Milano)

Dopodomani alle 19 al Cinema Rosetum (Milano)

Rischio Estinzione

In Fuga dei giovani on 14 settembre 2011 at 09:00

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Oggi mi faccio da parte. Il tradizionale “post” di riflessioni del mercoledì lo lascio a un articolo che ho trovato due giorni fa sul settimanale “Affari & Finanza”. “Cervelli in fuga – L’azienda è a caccia di laureati qualificati“, a firma di Andrea Rustichelli, sintetizza alla perfezione molti degli studi, delle ricerche, delle considerazioni e delle storie fin qui raccolte. Un utile “bigino”, per spiegare anche ai più scettici perché questo è un Paese dal quale fuggono i giovani migliori.

Fuori intanto i mercati continuano a martellare pesantemente una nazione che ha perso ormai ogni credibilità (soprattutto politica), mentre le principali organizzazioni internazionali tagliano ulteriormente le previsioni di crescita per il Belpaese (Ocse: per il 2011 solo +0,5%…; Fmi +0,8% – se non sono briciole queste). Qualche altro dato:

nella classifica sulla competitività stilata dal World Economic Forum l’Italia è 43esima su 142 Paesi, sempre ultima tra i Paesi del G7. Mercato del lavoro troppo rigido, elevato livello di corruzione e crimine, percepita mancanza di indipendenza del sistema giudiziario: questi alcuni dei fattori che minano la nostra competitività.

-dalla crescita alla formazione: nel Qs World University Ranking 2011 figura una sola università italiana, ma solo prendendo in considerazione le prime 200 (duecento!) posizioni. Si tratta dell’Alma Mater di Bologna. Ovviamente è 183esima, ben lontana dalle prime posizioni.

-infine gli stipendi, per i giovani professionisti del Belpaese: secondo l’indagine del Trendence Institute, un neolaureato italiano in uscita dalla Facoltà di Economia si aspetta un salario di 19.837 euro (contro i 43.100 euro di un collega tedesco!), un neolaureato in uscita da Ingegneria punta a una paga di 20.864 euro (il tedesco : 44.343!) Se andiamo a vedere le tabelle, i nostri neolaureati hanno attese salariali migliori -in Europa- solamente rispetto ai colleghi bulgari, cechi, greci, ungheresi, polacchi, portoghesi, rumeni, slovacchi, spagnoli e turchi. Peccato solo che -se gli stipendi per i giovani italiani sono paragonabili a quelli dei colleghi mediterranei e dell’Est Europa- il costo della vita nel Belpaese sia molto più simile a quello dei Paesi del Nord Europa!

Alla luce di tutto questo ben si comprende l’articolo che alleghiamo. Prima però una riflessione veloce: ma non è che -per dirla con il regista Davide Ferrario- l’Italia, e gli italiani, si stanno estinguendo?

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CERVELLI IN FUGA – L’AZIENDA E’ A CACCIA DI LAUREATI QUALIFICATI

di Andrea Rustichelli, “Affari & Finanza”, 12/9/2011

«L’Italia? Ci torno molto volentieri, ma solo in vacanza». C’è un fondo di ironia nella voce di Roberto M., 38 anni, architetto romano trapiantato negli Usa. La sua è una storia come tante: di italiano il professionista ha praticamente soltanto la formazione universitaria (apprezzata). Dopo qualche anno a Barcellona, dal 2003 Roberto lavora a New York, rinunciando a un posto sicuro nella piccola e avviata azienda di famiglia. «Qui è dura, nessuno ti regala niente: non ci sono ferie lunghe o ponti. La crisi si sente. Ma chi vuole intraprendere, in qualsiasi campo, trova spazio: se non altro per tentare di raggiungere i propri obbiettivi».
È esattamente quello che all’Italia manca e che spinge i talenti migliori a cercare altrove. Non solo nella ricerca scientifica, ambito che è spesso sotto i riflettori, ma pure nelle professioni economiche e gestionali. E così c’è una corposa emorragia verso l’estero anche da parte di manager e professionisti d’azienda, al punto che le imprese nostrane spesso faticano a trovare le risorse migliori. Come Valerio Bruno, classe 1973 e laurea in giurisprudenza. Fa il giurista d’impresa in Lussemburgo, per Amazon. Anche per lui vale il motto: formazione (e relativi costi) italiana, professionalità internazionale. «Faccio il senior corporate counsel – spiega e mi occupo dell’acquisto dei contenuti digitali per Kindle, il nostro lettore di ebook. Perché restare all’estero? Maggiori potenzialità di carriera, guadagni più elevati, più meritocrazia e meno lottizzazioni».
Il paradosso è qui: coltiviamo cervelli eccellenti, ma poi li lasciamo andare via. È un problema di sfiducia. «Perché un laureato del Politecnico dovrebbe restare, quando all’estero guadagna il doppio o il triplo? E poi ci sono altri due fattori fondamentali che le aziende in altri paesi offrono: formazione e merito», osserva Filippo Abramo, presidente dell’Associazione Italiana Direttori del Personale (è stato eletto anche alla guida dell’omologa organizzazione europea, EAPM). «Un laureato italiano in ingegneria – dice Abramo è un capitale enorme: per formarlo, il sistema nel suo complesso spende 1 milione di euro. Ma spesso ce lo lasciamo sfuggire. Qualcuno ha calcolato che i nostri giovani laureati all’estero siano circa 50 mila: è un esercito in fortissima crescita, in cui sono preponderanti le professioni dell’economia e dell’industria».
Punto cruciale e sintesi dei rapporti tra imprese e professionisti d’eccellenza è il fattore merito. Il quadro che emerge dell’Italia, a corollario del famigerato familismo, è quello della paura del talento: chi è bravo è anche temuto dall’establishment e spesso viene emarginato. Lo racconta bene il libro di un manager noto, Pier Luigi Celli (ora direttore generale della Luiss), “La generazione tradita”. Gli adulti contro i giovani (e si potrebbero citare anche altri libri recenti, che sono pure dei blog: “La fuga dei talenti” di Sergio Nava o “La repubblica degli stagisti” di Eleonora Voltolina).
«I datori di lavoro, anche quelli solidi, non riescono a fidelizzare sufficientemente i talenti, a farli restare», dice Gilberto Marchi, presidente di Assores, l’Associazione Italiana delle società di ricerca e selezione. «La lacuna più sentita tra i neolaureati è la mancanza di un ambiente ricettivo per le loro proposte. C’è una sorta di barriera di ingresso: i più anziani, ma spesso anche i quarantacinquenni, sono diffidenti. È colpa di una prevalente cultura aziendale: e la crisi ha accentuato questa forma di egoismo».
La strettoia che respinge i talenti d’impresa è un tema particolarmente sentito dall’associazione dei manager del settore privato. «In Italia il panorama prevalente è quello delle piccole e medie imprese. Spesso questo contesto non appaga la ricerca di sfide che anima i più ambiziosi», afferma Giorgio Ambrogioni, presidente di Federmanager. Ma la propensione verso l’estero non riguarda soltanto i giovani. C’è infatti un fenomeno speculare, più silente e aggravato dalla crisi. Così, pure molti professionisti senior, superato lo spartiacque dei 50 anni, sono costretti a fare le valige.
«La tendenza – spiega Ambrogioni è in aumento: l’età e l’esperienza sono spesso considerate un peso. E allora, senza barriere di protezione e con maggiori sacrifici rispetto a un ventenne, questi manager rifiutano la logica della rottamazione e scelgono la via dell’estero. E non di rado si affermano, specie nei paesi dove il settore manifatturiero è in via di sviluppo».

Lorenzo Thione, il “papà” di Bing

In Storie di Talenti on 12 settembre 2011 at 09:00

Lorenzo Thione, 32 anni, è il perfetto paradigma di come un giovane italiano di talento possa farcela, in un Paese moderno e allenato a valorizzare l’innovazione.

La prima puntata della terza serie di “Giovani Talenti” ci porta subito Oltreoceano, per raccontare una storia davvero straordinaria. Che dimostra, se mai ve ne fosse bisogno, l’enorme potenziale dei nostri giovani professionisti: Lorenzo approda a soli 21 anni, ancora studente del Politecnico di Milano, ad Austin, nel Texas, con una borsa di studio. Si laurea un anno dopo: prende la palla al balzo, e si trasferisce prima all’FX Palo Alto Laboratory, poi al Palo Alto Research Center, il più avanzato laboratorio di tecnologie informatiche e digitali.

La svolta arriva nel 2005, quando co-fonda la società Powerset, una start-up innovativa che, nel giro di tre anni -e al prezzo di duro lavoro e grandi sacrifici – viene acquisita da Microsoft. Cosa aveva sviluppato, di così interessante, da attrarre l’interesse addirittura di una delle maggiori multinazionali mondiali? Semplice: quello che sarebbe diventato il secondo motore di ricerca web mondiale: BING.

Dopo l’acquisizione, Lorenzo resta per due anni in Powerset, continuando a sviluppare il motore di ricerca, prima di lasciare e lanciarsi in una nuova avventura, completamente diversa rispetto alla precedente. Un chiaro esempio di come la vita possa offrire infinite opportunità, in un contesto innovativo e non inquadrato in schemi predefiniti.

Attualmente vive tra la California e New York, dove ha trasformato la sua carriera in quella di produttore teatrale. Tra pochi mesi andrà in scena a Broadway il suo musical “Allegiance”, l’ultima scommessa -in ordine temporale- di Lorenzo Thione.

Ospite della trasmissione è Gianluca Dettori, fondatore e presidente di DPixel, società tecnologica italiana che investe in start-up tecnologiche e media. Uno dei massimi esponenti del venture capitalism italiano, un settore potenzialmente in grado di sviluppare al massimo le iniziative imprenditoriali innovative dei giovani… peccato solo che nel Belpaese conti solo per lo 0,005% del Pil.

Nell rubrica “Spazio Emigranti” ci avviamo alla conclusione della nostra inchiesta sui programmi regionali, mirati o a evitare la fuga dei talenti all’estero, o a trattenerli sul territorio. Andiamo in Basilicata, per la penultima puntata: Rosa Mastrosimone, assessore alla Formazione e al Lavoro della Regione, ci spiega il progetto “Ponte per l’occupazione”.

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La discussione di questa settimana: Le vostre ricette per uscire dall’attuale crisi che ha colpito l’Italia, per evitare un più intenso esodo di giovani professionisti verso l’estero: possono bastare più innovazione e un maggiore investimento su talenti e capitale umano qualificato? Stilate la vostra personale “Manovra anti-esodo”…

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Alla prossima puntata: sabato 17 settembre, dalle 13.30 alle 13.55 (CET), su Radio 24. Vi aspetto!

Visti dal Wall Street Journal

In Giovani Italians on 11 settembre 2011 at 09:00

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Letture “americane”, quelle che vi proponiamo questa domenica. Blue M ci segnalava, alcuni giorni fa, l’interessante articolo del Wall Street Journal, a firma di Deborah Ball, che affronta al cuore il problema della disoccupazione giovanile in Italia. L’articolo non è freschissimo, risale infatti al 22 agosto, ma sempre di estrema attualità. Potete leggerlo anche cliccando a questo indirizzo.

Sempre negli Usa, per segnalarvi l’interessante iniziativa del portale news “America 24“, che ha aperto una pagina online, Solo Andata, “un progetto multimediale per raccogliere le testimonianze di chi ha un sogno americano, le storie di chi ce l’ha fatta e i consigli per partire. Il sito offre anche una guida completa a come arrivare negli States, come affrontare le procedure dei visti, come lavorare, come studiare nelle migliori università, ottenere borse di studio e molto altro“. Di questi tempi, un’iniziativa che può sicuramente interessare molti giovani pronti a lasciare questo Titanic prossimo a colare a picco….

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Ora l’articolo del Wall Street Journal. Buona lettura:

Italy Seeks to Tackle Youth Jobless Problem

Italy, under pressure from financial markets and the European Central Bank to overhaul its economy, is trying to tackle one of its most persistent economic flaws: the lack of opportunities for young people.

Italy’s Parliament is due to start debating a package of reforms aimed at speeding up growth in late August that includes a tentative move to relax layoff rules. That, the government hopes, will encourage business to take more risks on hiring new, young workers.

Young Italians have borne the brunt of years of stagnant growth and governments’ failure to loosen up a rigid labor market. They have suffered the full impact of the economic downturn—two million 20-somethings neither work nor study—even as their parents are protected by iron-clad job contracts. The result: a two-tier system that pits cosseted older workers against a younger generation struggling to break in.

Other euro-zone countries are also struggling with the issue of youth unemployment, but it is particularly pronounced in Southern Europe, where persistently slow growth has failed to create new jobs.

ECB President Jean-Claude Trichet and his planned successor, Bank of Italy Gov. Mario Draghi, singled out the need for an overhaul of Italy’s labor market in a letter they sent earlier this month to the Italian government. In his final speech at the Bank of Italy in May, Mr. Draghi decried the impact that feeble reforms in the past have had on young workers.

In Italy, there are “on the one hand the better-protected workers with permanent jobs and on the other, a vast area of precarious employment, especially among young people,” Mr. Draghi said. “A more balanced approach to labor-market flexibility—which today depends almost entirely on entry mode—would let young people set their sights higher.”

Italy’s ability to tackle such structural problems has gained a new urgency in recent weeks, because financial markets have turned against the country for fear that its inability to grow could leave it unable to manage its huge public debt.

Among the raft of overhauls that Italy’s government aims to rush through Parliament by September is a measure that would allow companies and unions to agree to opt out of labor regulations that have deterred the hiring of young workers.

But the proposals have drawn heated opposition from Italy’s powerful unions. “This would damage the rights of all workers in order to help the young,” says Vincenzo Scudiere, head of industrial relations for CGIL, Italy’s largest union. The union argues the government should levy a wealth tax, with the proceeds going to fund incentives for companies to hire entry-level workers.

[ITYOUNG]

Under current rules, workers laid off by their employers can appeal in court and judges can force companies to rehire them if the layoff was “without just cause.” In practice, that has prevented companies from reducing their staffs in lean times. As a result, employers are reluctant to hire new workers even in good times. That means many young workers can find only short-term, poorly paid work contracts that don’t have such protections.

Italy’s last attempt to tackle youth unemployment only created new problems. A 2003 law tried to create jobs for the young by making it easier for companies to hire entry-level workers as trainees or temporary staff. The change was a boon to firms that had been reluctant to hire untested young workers on a traditional contract with full benefits and job protections.

But the reform left baby boomers’ job protections untouched, while their children ended up in second-class, temporary jobs with low pay and no security.

In the four years since finishing university, Benedetta Iacchia, 27, has had three internships in marketing—one unpaid and the others paying only €250 ($360) a month. Now she works at an advertising agency in Milan for €650 a month, but her contract runs out in November. With little cash to cover rent and no assurance that her contract will be renewed, she lives with relatives in the city. She constantly scans the market for a permanent job that pays more and would allow her to live independently.

“I couldn’t even dream of starting a family,” she says. “My parents had a totally different experience. When they were young, they found jobs and could support themselves.”

Indeed, when her mother, Patrizia Pieri, now 57, was young, she easily found a job processing payrolls and kept that position for nearly 40 years. She worries about her daughter, but is torn. as to whether her own generation’s job protections have choked off opportunities for young people.

“In theory, we should go into retirement and make way for them at this point,” she says. “But we need to earn as well. It’s a huge problem.”

The economic crisis has hit Italy’s youth particularly hard. Nearly 28% of Italians between 15 and 24 are unemployed. Around 13% of young Italians who had jobs before the crisis have lost them due to the downturn, compared with only about 3% of young workers in France and Germany, according to the Bank of Italy.

The crisis has also left many young workers in an extended limbo of insecure work. Before the downturn, 31% of young workers on temporary contract got a permanent job within a year; now only 22% do so, according to think tank CNEL.

As a result, ever-more young Italians are still in their childhood homes at an age when peers in other countries are independent. Forty percent of Italian 30-somethings live with their parents, compared with 16% in the 1980s, the Bank of Italy says.

Despite the pressure on the government for reform, some young people expect little. “All of these proposals don’t change anything,” says Francesco Sahli, a graduate in design who is working in a bar to save enough to move to London. “Politicians haven’t made the sort of choices that have helped us.”

Ottantaseiesima puntata di “Giovani Talenti” – Radio 24

In Fuga dei giovani on 10 settembre 2011 at 09:00

Ottantaseiesima puntata di “Giovani Talenti“, la trasmissione di Radio 24 che vi racconta -ogni settimana- la nuova emigrazione professionale italiana.

Prima puntata d’eccezione, quella che vi proponiamo oggi ad aprire la terza serie del programma, con la storia di un giovane connazionale che negli Stati Uniti ha fatto fortuna. Forse il maggior caso di successo italiano nella Silicon Valley, almeno negli ultimi anni. Vi anticipiamo solo che -negli anni californiani- il protagonista della puntata odierna ha ideato l’attuale secondo motore di ricerca web a livello mondiale. Da pochi anni ha lasciato il mondo internet per dedicarsi a una nuova, incredibile avventura… questa volta a Broadway. Una puntata davvero da non perdere, per cominciare insieme la nuova stagione di “Giovani Talenti”!

Prosegue pure oggi la rubrica “Job Abroad”, interna al notiziario, attraverso la quale vi segnaliamo -settimanalmente- alcune delle migliori opportunità professionali all’estero.

Appuntamento -per saperne di più- alle 13.30 (CET) su Radio 24!

Intanto siete tutti invitati a dibattere sul “tema della settimana”: “Le vostre ricette per uscire dall’attuale crisi che ha colpito l’Italia, per evitare un più intenso esodo di giovani professionisti verso l’estero: possono bastare più innovazione e un maggiore investimento su talenti e capitale umano qualificato? Stilate la vostra personale “Manovra anti-esodo”…

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DOMANI – Al via la terza stagione di “Giovani Talenti”

In Fuga dei giovani on 9 settembre 2011 at 09:00

DOMANI: We’re back…

Nuove storie, nuovi talenti, nuove cronache da un’Italia migliore… in fuga all’estero. E una partenza col botto! Da non perdere assolutamente!

+++Torna “Giovani Talenti”+++

ASCOLTA E DIFFONDI ONLINE IL NUOVO PROMO DELLA TRASMISSIONE!!!

Clicca qui per scaricarlo in formato .mp3

…diffondilo via internet!!! Lancialo su Facebook e sui principali social network, aiutaci a far conoscere “Giovani Talenti” online ;)

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“Partire sì, ma con una piccola certezza”

In Fuga dei giovani on 8 settembre 2011 at 09:00

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Riceviamo e pubblichiamo una riflessione amara -ma estremamente interessante e attuale- del blogger Marco Bozza. Marco unisce -ad una lucida disamina del drammatico momento che vivono i giovani italiani- un personale interrogativo sull’espatrio. Per consultare il blog di Marco, potete collegarvi a questo sito: marcobozza.blogspot.com

Partire sì, ma con una piccola certezza

Nascere e vivere in uno Stato in cui sei costretto quotidianamente a zittire la propria coscienza a fronte di un sistema ormai alla soglia del collasso, è veramente complicato, se non drammatico. L’Italia non sta vivendo soltanto un’alterazione di forma, ma sta affondando nei meandri della sostanza. Non bisogna andare lontano o leggere la stampa estera per capire che il Belpaese del sole, del mare e della dieta mediterranea, sta colando a picco. Politica a parte, le cui gesta sono inenarrabili, è il vuoto culturale che spaventa; l’accettazione passiva dello status quo nonostante i problemi ci stiano rubando la dignità. In Francia ricordo che in occasione della paventata riforma delle pensioni, si bloccò un’intera nazione. In Italia invece si brontola, s’imbastiscono meeting, convegni, tavole rotonde,  ma poi ci si addormenta sotto la speranza vuota del pensiero unico che ha obnubilato ad arte le coscienze, complice anche il monopolio dei media sapientemente manipolato. Mentre l’etica è un lontano ricordo e l’antiregola premia sempre più i virtuosi, a pagare le spese di questa stagnazione deprimente e lugubre è la nuova generazione, quella che dovrebbe oggi garantire il futuro prossimo, ed invece è annientata dal precariato o costretta a darsela a gambe per non figurare come bambocciona e mammona. Considerando che nel 2010 hanno lasciato l’Italia ben 65000 persone tra i 25 e i 40 anni in cerca di un respiro oltreconfine, allora qualcosa non va. E’ come se una città tipo Savona sparisse nel nulla. La mia storia non è poi diversa da quella di molti altri. Sono originario di un piccolo paese dell’Alta Irpinia, e come altri ragazzi, ho studiato fuori sede laureandomi in giurisprudenza. Quando scelsi la facoltà, non c’era ancora internet, ma l’impulso alla scelta avvenne sulla scorta di piccoli Bignami ove l’attenzione si focalizzava per il 70% sugli sbocchi occupazionali, i quali per quanto mi riguardava erano infiniti. Dopo immensi sacrifici da parte mia e della mia famiglia, raggiunto il traguardo accademico, inizio presto ad accorgermi di aver fatto la scelta sbagliata. L’arte forense è immersa nella logica della casta e del nepotismo (a meno che non vuoi imparare ad usare a menadito il fotocopiatore  10 ore al giorno gratuitamente); quella notarile lascio a voi le considerazioni, indi per cui ho optato per la soluzione privata e per diversi concorsi. La prima  non è poi diversa dalla seconda, perché a parte le menti brillantissime (soffrono anche quelle), se sei nella media, la scelta del cv non cade certo sulle tue skills (anche come stagista). Sul fronte concorsuale, registro soltanto una gran quantità di danaro spesa in libri, viaggi, studio, preparazione atletica (concorsi nelle forze armate) e mi trovo con un pugno di mosche in mano, intriso di amarezza e delusione, per le mille storture in cui i miei sensi si sono immersi. In Italia chiedere lavoro è come chiedere l’elemosina, e se anche riesci ad ottenerlo, o è a tempo come una cambiale, oppure dovrai riscattare per tutta la vita il favore ricevuto (anche se guadagni 600 euro in una città come Milano, ove l’affitto di una camera singola è pari allo stipendio e sei costretto a chiedere suffragio alla famiglia, per figurare come il precario-lavoratore dei tempi moderni che manda in alto l’asticella della “crescita occupazionale”). Sinceramente questo modo di agire, fare e pensare, non lo sopporto più. Il merito è quasi inesistente e soprattutto non si capisce quale sia la logica che alimenta il mercato del lavoro. Accanto al mio cammino universitario, ho accostato la passione per la scrittura e piccoli lavori di natura amministrativa presso l’ex impresa di famiglia. Quando ho provato ad affacciarmi anche al mondo del giornalismo, gli addetti ai lavori, con parole molto semplici e chiare, mi hanno fatto capire che ero di fronte ad un altro settore saturo e che l’unica via maestra sarebbe stata l’estero. Fino a qualche anno fa, non pensavo all’estero come soluzione ai miei problemi occupazionali, ma nel tempo, dopo aver incassato una delusione dietro l’altra, ho iniziato a caldeggiare l’idea di trasferirmi seriamente oltreconfine per un’esperienza di lavoro e chissà, anche per rimanerci definitivamente, chi puo’ dirlo. Lo studio della lingua inglese occupa buona parte del mio tempo, mentre internet permette di creare un network di contatti, anche se mi sono accorto che la mole di informazioni che la rete snocciola, spesso serve soltanto ad aumentare confusione. Ascoltare l’esperienza altrui puo’ essere positivo e negativo allo stesso tempo, in quanto la soggettività in un tipo di scelta del genere è fondamentale. Mi affascina molto l’Asia, ma non disdegnerei altri luoghi ove poter trovare lavoro. Partire all’avventura, senza meta, senza un punto di riferimento è durissima e controproducente. Anche perché in alcuni posti, il tempo di permanenza senza lavoro è davvero stringente. Per questo motivo sto cercando di trovare qualche contatto giusto, ma la concorrenza forte e spietata non aiuta di certo. Non chiedo la luna, sono consapevole che fuori casa bisogna riazzerarsi e ripartire, e non mi spaventerebbe inizialmente un lavoro non del tutto qualificato se so che la costanza e l’impegno gravitano in una dimensione meritocratica. Sono anche conscio del fatto che non potrò andare avanti all’infinito nel coltivare la speranza di trovare lavoro dall’Italia, però quantomeno ci debbo provare ancora un po’. Partire è un po’ come morire. Questa frase l’ho letta da più parti. Tuttavia se non si tenta ad andare leggermente oltre i propri limiti, le proprie paure ed insicurezze, si rischia davvero di vivere con enormi rimpianti. La partenza non deve mai essere considerata alla stregua di una fuga, bensì come un’opportunità per poter dare a se stessi una veste nuova in termini di crescita umana e professionale.

Marco Bozza

marco.bozza@hotmail.it

Il “Paese di merda”

In Declino Italia on 7 settembre 2011 at 09:00

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Quando questo blog è partito, oltre due anni fa, mai avremmo immaginato di trovare un giorno, quale testimonial d’eccezione, persino il premier Silvio Berlusconi. Lo stesso che quasi vent’anni fa proclamava, in un noto spot pubblicitario, “L’Italia è il Paese che amo”.

Ore 23.24, 13 luglio, Berlusconi parla con Valter Lavitola: “Tra qualche mese me ne vado, vado via da questo Paese di merda… di cui… sono nauseato… punto e basta…“.

Estrapolate per un attimo queste parole, facendo finta di non conoscere la persona che fa questa affermazione. Non vi sembrano le stesse, magari meno volgari, che avete sentito ripetere migliaia di volte dai giovani di questo Paese?

E’ questo che colpisce. La confusione è totale: i responsabili di questa situazione e gli innocenti ormai si mischiano e si confondono, in un calderone dove diventa sempre più difficile distinguere chi è onesto intellettualmente, e chi no.

Prendiamo Berlusconi: al di là delle non trascurabili vicende giudiziarie che lo vedono coinvolto (impensabili, per un premier straniero), quotidiani autorevoli come il Wall Street Journal e il Financial Times (per non parlare, in passato del settimanale The Economist”), lo hanno accusato di: 1) confondere i mercati con le continue sbandate sulla manovra economica, 2) non avere lo stomaco per varare misure impopolari (ma necessarie), 3) avere una forte inclinazione per i colpi di teatro, 4) essere alla guida di un Paese con i giorni contati sui mercati. Insomma, qui di chi sarebbe la colpa? Di una non meglio definita “Italia”, o di chi non ha uno straccio di idea su come governarla?

Onestà intellettuale: ecco una merce di cui avremmo bisogno in quantità industriali. Per il momento, chiunque abbia anche solamente un briciolo di responsabilità nei confronti dello sfascio ormai evidente di questo Paese, è pregato di starsene zitto.

E di lasciare certe affermazioni a chi è stato veramente tradito e preso per i fondelli da una classe dirigente provinciale, inetta, corporativa e da Terzo Mondo. La lista è lunga, proviamo a stilarla sulla base delle ultime notizie:

-i giovani imprenditori di prima generazione, che secondo Datagiovani si sono ridotti di circa 64mila unità, 7800 in meno solo nell’ultimo anno. L’area più colpita dalla moria di imprenditori under 30 è -pensate- il Nordest. Non ci credono più, a investire in questo Paese.

-il 60% di giovani che continua a pensare che si possa trovare lavoro senza spintarelle o raccomandazioni. Già, perché il dato scandaloso, secondo l’Isfol, è che ben 4 giovani su 10 hanno trovato così un impiego. Per intenderci, i contatti nell’ambiente lavorativo, vale a dire la cosiddetta “segnalazione all’anglosassone” (la norma in Usa e UK), contano solo per il 7,5%. Ridicola la percentuale che trova lavoro con i Centri per l’Impiego: il 3%!

-il 27,6% dei giovani, ancora disoccupati. Nel Primo Mondo, in Olanda e Austria, non arrivano al 10%.

-ancora i giovani, che nel 2008 ricevevano ancora 300mila offerte di lavoro dalle aziende del Belpaese. Nel 2011 saranno solo 208mila. Fate voi i conti sul calo percentuale (!). Le statistiche sono di Datagiovani.

tutti coloro che hanno studiato, investendo nella propria formazione: per le Acli, nel 2010 sono andate perse 70mila posizioni dirigenziali, 78mila impieghi da professionista della conoscenza, e oltre 100mila tecnici. Intanto il 45% dei disoccupati italiani vive in questa condizione da oltre due anni, mentre gli scoraggiati sono oltre il doppio della media europea.

-i ricercatori, che -sempre secondo le Acli- sono impiegati in quantità risibili dal settore privato: 105mila in tutto, con l’Italia fanalino di coda tra i Paesi più sviluppati. Sei volte in meno rispetto ai ricercatori del Giappone, tre volte e mezzo in meno rispetto a quelli della Germania (settore privato).

Sullo sfondo, un Paese dove i consumi sono fermi (in 17 regioni potrebbero risultare quest’anno inferiori rispetto a quelli del 2000), dove la crescita del Pil non raggiunge nemmeno più neppure la ridicola quota dell’1% (lo afferma l’Istat, confortata dalle stime di Bankitalia e dell’Fmi – +0,8% nel 2011).

Un Paese, per dirla con l’editorialista de Il Sole 24 Ore Carlo Carboni, alla ricerca disperata di un’élite con senso morale. Basterebbe -per cominciare- un’élite. Manco quella abbiamo… Ci bagna il naso persino la Turchia, che -come informa il portale Eurasianet.org, riesce a far rientrare tra gli 8000 e i 10mila giovani talenti all’anno.

Noi invece facciamo di tutto per farli scappare. Alla fine ci siamo talmente tafazzati, che se ne vuole andare persino il premier. Come sempre, la colpa sarà di nessuno. Tutti vittime, nessun colpevole. La solita Italia. Condannata non più al declino, ma all’estinzione.

Sabato 10 settembre – Terza stagione di “Giovani Talenti”

In Fuga dei giovani on 6 settembre 2011 at 09:00

-4 giorni: We’re back…

Nuove storie, nuovi talenti, nuove cronache da un’Italia migliore… in fuga all’estero. E una partenza col botto! Da non perdere assolutamente!

+++Torna “Giovani Talenti”+++

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