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Il mito del “Posto Fisso”

In Giovani Italians on 19 ottobre 2009 at 16:11

Indovinate chi ha colpito maggiormente la crisi, in Italia?… ça va sans dire, i giovani! L’ha messo nero su bianco l’Istat la scorsa settimana, denunciando come (riporto i dati pubblicati su Il Sole 24 Ore) “per 404mila unità di lavoro perdute da parte dei giovani, il calo occupazionale dei genitori si è limitato a 152mila unità, nel secondo trimestre 2009”. Bene, ottimo: in un Paese che va al contrario e arriva a garantire -al massimo- gli ammortizzatori sociali in deroga alle fasce più deboli (i giovani), rifiutando di fare una vera e propria organica riforma degli ammortizzatori sociali, i primi ad essere sbalzati fuori dal treno in corsa della recessione sono proprio i cosiddetti “under 35”. Forse perché non hanno il “posto fisso“? Probabilmente -o quasi certamente- sì: nell’oscurità del Medioevo italiano l’unica ancora di salvezza è diventata quella, come ha ben intuito nelle ultime ore persino l’ex-“American boy”, nonché Ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Nell’Italia del 2009 il “posto fisso” è dunque diventato un valore: salvo smentita tra cinque anni, ovviamente, in base al variare della situazione economica. E’ ovvio che in un Paese feudale come il nostro il “posto fisso” costituisca l’unica chance di ottenere una prospettiva di vita, dato che poggiamo su tanti micromercati del lavoro asfittici, dove non serve avere un buon curriculum. Nè Tantomeno aver viaggiato o sapere le lingue. COnta l'”entratura” giusta, il più delle volte, che ti porti al tanto agognato “posto fisso”.

Ma un vero modernizzatore dovrebbe puntare ad aprire il mercato del lavoro, dovrebbe implementare liberalizzazioni a dosi massicce, sciogliendo i troppi potentati e le troppe caste che decidono -in troppi settori della nostra economia- chi entra e chi resta fuori. Glorificare il “posto fisso” può rappresentare una soluzione sul breve termine (ma a che pro?, Ora le aziende si metteranno ad offrire contratti a tempo indeterminato a tutti solo perché l’ha detto un Ministro?), ma sul medio-lungo periodo occorre seguire una strada “nordica”: mercato del lavoro aperto, lotta senza quartiere a raccomandazione e nepotismo, riforma degli ammortizzatori sociali in senso “giovane”, offrendo agli “under 35” una rete di protezione solida, soprattutto nei primi anni di carriera.

Detto questo, vi racconto del mio weekend, passato nel freezer di un’Italia vittima del cambio climatico: ne ho approfittato per fare un paio di letture. Una positiva, l’altra demoralizzante. Partiamo da quella positiva:

i giovani dottori commercialisti (pare) si sono ribellati. Un bel giorno hanno scoperto che nella loro “casta” (una delle tante) comandano gli anziani. Ma va?!? Per farla breve, se sui 110mila commercialisti italiani ben il 65% ha meno di 43 anni, a dettar legge è il 35% che ne ha di più. Come? Beh, basta osservare i limiti di anzianità -anche professionale- necessari per accedere alle cariche dell’ordine. Sotto i 50 anni, denunciano i “giovani dottori”, è dura occupare un qualsiasi posto di potere. “E’ necessario, in questa fase, avere il coraggio di riformarci. Un ordinamento ingessato non è in linea con un mondo che va sempre più veloce”, afferma il presidente di categoria, Luigi Carunchio. Meglio tardi che mai, cari. Ma ora combattete la vostra battaglia, per favore.

-la cattiva notizia. Ho ridato un’occhiata al rapporto “URG! Urge Ricambio Generazionale“, promosso dal Forum Nazionale dei Giovani. Da quel rapporto, sette mesi fa, fu tratto un bell’articolo uscito sul Corriere della Sera, di cui anche questo blog parlò diffusamente. I dati sono sinceramente deprimenti: “L’Italia è un Paese vecchio”, denuncia il rapporto, spiegandone anche il perché (per smentire i soliti facili luoghi comuni demografici). “Il sistema di potere lascia poco spazio alle nuove generazioni. I meccanismi di formazione e di selezione delle elité sono caratterizzati da una bassa capacità di ricambio e da una pronunciata longevità, grazie alla pervicacia con la quale la classe dirigente nostrana difende le posizioni acquisite”. Qualche dato, per essere più preciso: oltre un collaboratore su due ha meno di 35 anni, in Italia (anno 2007). Solo un giovane su dieci (!) riesce poi a trasformare in contratto a tempo indeterminato questo contratto di collaborazione, nell’arco di 365 giorni. Ulteriore handicap: in Italia si prema l’anzianità lavorativa ai fini della carriera, al di là di meriti e produttività. E’ una regola che permette poche eccezioni. Sorge dunque spontanea la domanda: quando mai questi giovani precari potranno sognare di far carriera, se non hanno raccomandazioni o spintarelle? Se passano il loro tempo a migrare da un contratto all’altro, non metteranno mai radici sufficienti per salire la scala sociale… La ricerca evidenzia infatti un calo drastico degli “under 35” nelle posizioni dirigenziali: il tutto nell’arco di un solo decennio. Sarà un caso? Altro dato: la politica. Lo sapete che i 25-35enni in Italia costituiscono il 18,7% della popolazione maggiorenne, ma nell’ultimo Parlamento rappresentano solo il 5,6% dei deputati? Chi la fa da padrone, allora, nelle Camere? Al Senato gli over-60 (33,2% sul totale), alla Camera i 46-55enni (41%). PdL e PD non ci hanno fatto una gran figura, in fatto di giovani candidature, alle ultime elezioni: in particolare la maggioranza di Governo, comandata da un 73enne, ha candidato solo un misero 13,6% di 25-35enni, sul totale dei futuri parlamentari. Altri dati ancora: l’università. Per alcuni -a ragione- è l’emblema del disastro gerontocratico di questo Paese: l’età media dei professori ordinari è di 59 anni! Il 7,6% sono over-70!!! Su 61.929 docenti e ricercatori, gli under-35 sono solo il 7,6%. E quasi tutti occupano ovviamente la fascia più bassa della gerarchia accademica: quasi il 100% di loro sono infatti ricercatori. E così via, passando alle libere professioni: l’età media dei giornalisti professionisti è 54 anni; i medici con meno di 35 anni sono sotto il 12% (anche perché al diploma di specializzazione ci arrivi in media dopo i 30 anni…); i giovani avvocati (pur tanti numericamente, ben il 27,8% del totale) denunciano condizioni di lavoro di semi-schiavitù; infine -come già riportato tempo fa- il 17,5% dei notai è “figlio di” (nel nome del “tengo famiglia”).

La domanda, alla fine, è sempre la stessa: … E state ancora a chiedervi perchè migliaia e migliaia di giovani laureati italiani espatrino ogni anno, lasciando senza rimorsi questa terra di Vecchi?

“La Fuga dei Talenti” continuerà a porla, anche nei prossimi mesi…

Scrivi insieme a noi il “Manifesto dei Giovani Italiani”: manifestodeigiovani@gmail.com

Raccontaci la tua storia: storietalenti@gmail.com

  1. Sostanzialmente il contenuto é molto corretto e lo approvo quasi in toto. L’unico motivo del mio dissentire é la colpevolizzazione dei “vecchi”. Io ho quasi 50 anni e per arrivare alla pensione me ne mancano più o meno una dozzina di altri anni di lavoro. Mi occupo di sviluppo software e praticamente, per non perdere il treno, sono 30 anni che studio. Sono in cassa integrazione straordinaria in deroga da luglio, quella cassa integrazione che nessuno sa quando e come vedrà qualche soldo. Le aziende molte volte mettono dei paletti per assumere chi ha più di 35, 40 o 45 anni e non parliamo degli over 50. Anche se sei un super esperto, nessuno ti guarda…. Sono separato ed ho 2 figli di cui uno all’università…. mi spiegate come faccio a partecipare alle spese con la mia ex moglie, se sono rimasto con 20 euro in tasca che mi devono bastare chissà fino a quando ?

  2. Vorrei solo dire che eliminare tutte le mafie e mafiette dinastiche e castali che ci sono in Italia c’entra ben poco con le “dosi massicce di liberalizzazione”. Liberalizzazione vuol dire svendere tutto il pubblico per darlo in mano ai privati, sostenendo dogmaticamente e pregiudizialmente che “privato è meglio del pubblico”: cosa che invece è assolutamente falsa, come la realtà si incarica di dimostrare, in Italia e non solo.
    Quello di cui c’è bisogno invece è una dose megamassiccia di demafizzazione dell’Italia, di defamilismo, di demammizzazione, di defurbismo, insomma piantarla una buona volta con le storie degli “amici degli amici”, “una mano lava l’altra”, “i figli so’n pezz’e core”, “dì che ti mando io” e robaccia del genere, e mettere avanti come si deve il merito, la capacità, la voglia di lavorare e di imparare, per tutti, anche per chi non è figlio/amico/marito/amante/cognato/genero di.
    E di queste schifezze non sono esenti gli “under 35” solo perché tali: i giovani veri non dipendono dall’età anagrafica ma sono quelli che hanno veramente una mentalità da giovani, seri, intraprendenti, preparati, leali e onesti, e non quella che si succhia fin dalla culla e che ci si porta dietro sempre, in un eterno infantilismo furbetto, che con la gioventù ha poco a che fare. Non è che si tratta di “giovani” contro “vecchi”… non è così facile, ci sono giovani che andrebbero solo buttati nel cesso a pedate per le cose che pensano, dicono e fanno.

    Ma per fare questo, per cambiare veramente tutto questo, queste mentalità distorte e aberranti, ci vorranno ancora generazioni, e magari qualche bella mazzata, ma di quelle serie però, che questo di oggi ancora è niente.

    Saluti da Bruxelles

  3. Once again a catch 22. Questo e’ il modo in cui si esprimono in nostri amici Anglosassoni in queste circostanze.

    In Italia, mi viene in mente il disegno di Bruno Bozzetto mentre sto scrivendo, le persone mettono radici quando si siedono.

    Voi vi lamentate, mettete alla gogna queste persone ma dopo i 35 anni fate lo stesso se vi capita l’occasione. Alquanto ipocrito il discorso, non vi pare?

    Quell’amato posto fisso e’ un chiodo. Toglietevelo! Ma allora e’ vero che in Italia si va avanti solo per mettere radici e non per merito. Poi vi lamentate che ci sono i “Cervelli in Fuga” non vi pare una meschina contraddizione? Una bugia? Il nascondersi dietro un dito?

    Nella pagina seguente di questo forum Marco (nulla contro di te) si lamenta non del lavoro ma che non e’ fisso! Ma che cercate?

    Un’esempio. Un esperto Italiano riconosciuto in tutto il mondo, niente nomi non si sa mai, oltre ad essere bravo ricopre un posto di prestigio. Ebbene ‘sta persona rifiuta categoricamente nuove idee e miglioramenti nel settore. Cosa centra vi chiederete. Posto fisso! Non si vuole schiodare dalla sedia anche se messo in imbarazzo e che ci sono idee innovative, e realizzabi, nel campo in cui lavora. Questo e’ un esempio combinato di “cervello” , “potere” e … “posto fisso”

    Mario

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