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Gli Old Money del capitalismo famigliare italiano

In Declino Italia on 15 Maggio 2009 at 09:47

“Il capitalismo famigliare che resiste solo in Italia”. Mi ha colpito qualche giorno fa l’articolo a firma di Giuseppe Turani su “Affari e Finanza”, che si interrogava sui punti di forza di un modello che -personalmente- mi pare ingessi moltissimo l’economia del Belpaese. Un’economia dove, nel grande gioco degli interessi incrociati di consigli d’amministrazione dove siedono sempre gli stessi, e di “controllori” che vanno a braccetto coi “controllati”, a farne le spese sono spesso gli outsider. La mia domanda è semplice: è possibile -in Italia- interpretare ancora il ruolo di outsider nel mondo d’impresa, creando qualcosa di nuovo e potenzialmente di “grosso”? Qualche giorno fa parlavo con un mio coetaneo, che nel giro di pochi anni ha creato un suo marchio, a spese però di una lotta feroce coi concorrenti e di crediti bancari erogati in extremis. Le banche in Italia mica ti chiedono un business plan, se non sei nessuno… mica rischiano, puntando su di te. O conosci qualcuno, o ti imbatti in situazioni veramente assurde. Poi apri i giornali: e ti trovi il Corriere della Sera Magazine che dedica un intero articolo alla “Classe dirigente che ha 40 anni”. Chi ti aspetti di incontrare? Magari qualche volto nuovo del mondo d’impresa… No, c’è un intero servizio dedicato ad Alessandro Benetton e alla sua ascesa imprenditoriale nel gruppo di famiglia. Facile, verrebbe da dire, col padre che si ritrova e col gruppo che dirige, dove la partecipazione in Autostrade garantisce una rendita fissa (i nostri pedaggi) che qualsiasi imprenditore vorrebbe per sé. Eppure anche lui pone la questione generazionale, fa chiaramente capire come persino “i figli di” attendano a lungo prima di prendere in mano le redini dell’impresa di famiglia. Per l’appunto… in questo mondo del capitalismo famigliare all’italiana, l’articolo del Magazine fotografa in una carrellata i soliti Barilla, Berlusconi, Caltagirone, Merloni, ecc.. Lasciando intendere che sia questa -necessariamente- la nuova classe dirigente. “Old Money”, dice Vincenzo Melilli nel libro  “La Fuga dei Talenti”. Girano sempre gli stessi soldi, di facce nuove raramente ne vedi, almeno su grande scala. Dove sono i “New Money”, frutto di scommesse imprenditoriali innovative? Quanto incidono percentualmente nel fatturato dell'”azienda-Italia”? Giuseppe Turani, nell’altro articolo preso in considerazione, fa capire come se sposti l’attenzione dalla grande impresa italiana (la poca rimasta) alla medio-piccola le cose sostanzialmente non cambiano. Lui lo chiama il Quarto Capitalismo: Pmi dove le strategie rimangono saldamente in mano alla famiglia, anche in presenza dei rari manager. E dice, senza mezzi termini: “Questa è oggi la nostra dimensione”. Forse ha ragione. Ma la verità, caro Turani, è che il nostro Paese, nella microscopica, come nella piccola, come nella media e nella grande impresa, resta profondamente ingessato. Famigliare. Persino nella declinazione italiana delle multinazionali, mi dicono, succedono cose che in altre nazioni non accadono. Inspiegabili. Qui non prevale il merito, ma la relazione. Le tue conoscenze. E’ la cultura imprenditoriale “made in Italy”, anomala rispetto all’Europa. E ci stupiamo ancora se tanti giovani professionisti competenti e “figli di nessuno” se ne vanno verso altri lidi, pronti a valorizzarli per davvero? A volte persino per aprire un’azienda? Poi un bel giorno, nel mezzo della crisi, ci svegliamo e scopriamo che un manager “esterno” e dalla proiezione internazionale come Sergio Marchionne sta rilanciando l’impresa famigliare per eccellenza, la Fiat, andando in giro a fare shopping e alleanze per il mondo. Non è forse allora giunto il momento di emulare il “modello Marchionne” anche in Italia?

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